Testi Critici

M.Cangiotti -S.Grygiel -M.Bignardi -S.Cuppini -M.Sguanci -L.Bravi -B.Cantarini -B.Ceci-M.Pasqualone
M.Cesarini

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di Loretta Bravi (1991)
"Nella produzione artistica di Paolo Soro è evidente la bipolarità tra remoto e presente, tra assoluto e contingente e la sua tendenza a ritrovare, ordinare, prefigurare, il mondo delle realtà immaginative ponendolo in rapporto con le lontane memorie e le attuali esperienze rivela il bisogno, insito nell'uomo, di abbandonare la quotidiana orizzontalità dell'esistere per riscoprire, attraverso l'intuizione dell'infinito, la dimensione verticale dell'essere" (Sguanci.M). Con queste osservazioni attente è stata presentata una delle mostre di Paolo Soro, osservazioni che si calano con intuito nel vivo dell'esperienza umana e artistica dello scultore, riuscendo ad instaurare un rapporto di "simpatia" (syimpàtheia) tra artista e critico ormai inusuale e difficile in un tempo dove fiumi di parole sterili e insufficienti tendono a colmare la lacuna dell'incomunicabilità tra queste due esperienze. Questa volta i due segni (la parola e l'opera d'arte) comunicano perché attraverso un incontro sincero e semplice viene messa a tema l'esistenza umana con la sua sete di verità. E' questo un punto nodale nell'esperienza artistica di P.S., schivo da sempre verso quelle che defi­nisce "poetiche d'arte" che circolano ma non provocano nè stimolano un artista, costituendo invece una lettura, un'analisi della nostra società spesso arida e desolante. Egli non vuole ridursi al rifiuto del reale, nè adeguarsi ad una banalizzazione del reale stesso. Afferma infatti: "Sento l'esigenza di ridurre l'ostilità verso le tendenze espressive dell'arte contemporanea, ostilità dovuta a scetticismo e qualunquismo; vivo e opero in questo quadro storico,in questa società e non potrei creare sentendomi distruttore di me stesso. Oggi però avere una visione del reale pressoché simile non basta a far comunicare gli uomini tra loro, se si cerca un dialogo dev'esserci un bisogno che generi un confronto, un paragone, un giudizio. Andare oltre le ideologie, ricostruire dopo la caduta delle ideologie, svincolarsi umanamente e artisticamente dalla impersonalità ed inespressività, per me ha significato in questi anni una cosa molto semplice: operare una ricerca, personale e con pochi, per ricomprendere il mio essere uomo e basta". L'opera di P.S. parte da queste considerazioni preliminari e si articola sulla "bipolarità" (cui accennavamo all'inizio), "bipolarità" che genera una tensione visibile e permanente nell'opera, una tensione che esula dall'essere angoscia psicologica ed emotiva basata sul rifiuto o sulla reazione al reale, o dall'essere ricerca inquieta e spasmodica; la tensione che percorre l'opera dell'artista si prefigura piuttosto come desiderio e passione di sperimentare "la dimensione verticale dell'essere". L'opera di P.S. è conflittuale nella bipolarità perché è presente l'elemento della lotta ("angelo fuggiasco" "angelo mancato") ma serena perché scaturisce dalla scelta, netta e quotidiana, di addentrarsi in tale lotta per ravvisare i veri lineamenti dell'esperienza umana ("uomo che cerca se stesso" "l'arca"). Da qui si delinea un cammino che porta l'uomo verso l'affascinante e sofferto incontro con il "mistero", un mistero che si schiude e si manifesta all'uomo rivelandosi nella quotidianità ("l'incontro necessario"). L'arte di Soro si inserisce così nella storia non volendo restare un rifugio individuale bensì divenire messaggio comunicativo. Questo è il "moto", questa è la ricerca che da anni è stata fissata (fermata): l'uomo e il volo ("Icaro"), l'uomo arma di se stesso ("despota" "orbita di potere"), ricerca che diventa esigenza radicale di affrontare i temi costitutivi dell'essere umano: il lavoro,la nostalgia, la fede, l'appartenenza, la paternità, la maternità l'offerta ("operaio" "il profeta" "il cammino di Abramo" "angelo mancato" "angelo fuggiasco" "angelo distratto" "angelo materno" "il grande padre" "archetipo femminile" "figura paterna" "figura materna" "mendicus licitator" "nostalgia di Tommaso" "portatrice di doni" "Ulisse" "l'emigrante"...). Così l'artista fissa gli elementi costitutivi del cammino intrapreso: "In genere l'uomo è affascinato da cose create da lui stesso e non va oltre perché gli fanno intuire l'infinito ma ancora in uno spazio di finito; invece questa angosciante tendenza dell'uomo verso un'appartenente libertà lascia uno spazio di mistero che non ha confini ma allo stesso tempo pone dei limiti alla temporalità umana. Sono affascinato da questa ricerca dell'uomo, da questo cammino dove l'uomo prende coscienza di ruotare intorno a scoperte e conquiste sempre relative, rivedibili e perfezionabili, fino a diventare schiavo di se stesso e del suo pensiero". La tematica di Soro diviene perciò quella della "bipolarità" non solo come tensione ma come lotta tra due appartenenze (dell'uomo a se stesso e dell'uomo aperto al mistero). "Scolpire per me è manipolare il materiale non per creare ma per ripercorrere quell'attimo dell'origine che è stata la creazione della terra e degli esseri viventi. Questo è diventato un cammino,un tentativo di visualizzare attraverso migliaia e milioni di frammenti l'essenza stessa dell'uomo. Ogni essere umano costruisce attraverso dei frammenti e anch'io non faccio altro che riproporne alcuni, espressioni e testimoni della traccia creativa che il Creatore ha lasciato in noi facendoci a Sua immagine. Una modalità ideale per ripercorrere tale cammino non esiste, si percorre quella che risulta essere più congeniale alla persona; scolpire è lo strumento che mi permette di fermare dei pensieri, di materializzare delle idee". E' la testimonianza di un'esperienza umana e artistica in atto, presente a se stessa perché originaria, primitiva e quindi autentica, è la riscoperta della domanda "prima" che l'uomo ha sulla propria esistenza di creatura. E così, fedelmente, il tentativo di risposta dell'artista si nutre di elementi primitivi, naturali, che appartengono all'uomo, alla civiltà agreste (legno, pietra, ferro, bronzo, vinco); è legato ad essi con il vincolo dell'uomo sardo, uomo della terra e dell'acqua, granitico e incontaminato, silenzioso e umile, che ama la natura e lotta con essa per ricongiungersi alla genesi originaria.